30 de Novembre de 2023 00:36

Carne di balena in vendita ai distributori automatici.

E in Giappone scoppia la protesta degli animalisti. Nella speranza di risollevare le vendite di un alimento da tempo in declino e scomparso ormai dai banchi di molti supermercati, l’idea è venuta alla Kyodo Senpaku, la principale azienda baleniera del Giappone, che in questi giorni ha aperto i propri punti vendita a Yokohama e nella capitale Tokyo.

Il mese prossimo l’azienda (le cui navi sono state protagoniste delle contestate spedizioni per la caccia alle balene nell’Oceano Antartico degli anni passati) ne aprirà uno pure nella città di Osaka e nei prossimi cinque anni conta di arrivare a cento distributori di kujira (carne di balena) in tutto il Paese. Sebbene il governo sostenga che il consumo di balena sia una parte importante della cultura giapponese, il picco c’è stato all’inizio degli anni ’60 (233mila tonnellate all’anno), ma il consumo è poi costantemente diminuito: nel 2021 è stato di appena mille tonnellate, rispetto ai 2,6 milioni del pollo e agli 1,27 milioni della carne bovina.

E allora perché il lancio di questo nuovo business? Gli ambientalisti sostengono che iniziative del genere sono un tentativo disperato di ravvivare l’interesse per un’attività crudele e in profonda crisi.

Nel 2014, la Corte di giustizia internazionale ha ordinato al Giappone di fermare il massacro annuale di circa 900 balene nell’Oceano Antartico. Cinque anni dopo, il Giappone si è ritirato dall’International Whaling Commission – organismo mondiale che supervisiona la conservazione delle balene – annunciando che avrebbe posto fine alla caccia (che ha sempre sostenuto fosse per scopi scientifici) ma che avrebbe ripreso la pesca commerciale di balene nelle sue acque costiere. Quest’anno il governo ha fissato una quota di 379 balene, ma i pescatori di balene locali hanno dichiarato che la loro industria sta lottando per sopravvivere. La colpa è dell’invecchiamento delle comunità di pescatori e dei pescherecci, dei cambiamenti nel comportamento dei cetacei, probabilmente legati al cambiamento climatico, e della debolezza dei consumi.

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